Scopri di più sui Vulcani e su cosa fare!
Il vulcanismo in Italia deve la sua origine ad un ampio processo geologico che ha interessato tutta l’area mediterranea, legato alla convergenza tra la placca tettonica eurasiatica e quella africana.
Il processo, iniziato 10 milioni di anni fa, contemporaneamente alla costruzione dei rilievi montuosi della catena appenninica, è dovuto allo scorrimento della placca africana sotto quella euroasiatica e alla conseguente formazione di aree caratterizzate da vulcanismo. È infatti in queste aree che, all’interno della terra, si realizzano le condizioni per la formazione dei magmi e per il loro trasporto verso la superficie.
Sebbene meno frequenti e devastanti dei terremoti, le eruzioni vulcaniche rappresentano un forte rischio per le zone densamente popolate del territorio italiano.
Tra i rischi di protezione civile, quello vulcanico è spesso ritenuto “prevedibile” grazie alla possibilità di rilevare fenomeni precursori, come terremoti, deformazioni del suolo e variazioni nei gas. Tuttavia, questa è una semplificazione che non considera la complessità e variabilità dei processi vulcanici.
I precursori devono essere intesi come indicatori di processi in atto: se ben analizzati e monitorati, possono fornire informazioni sullo stato del vulcano e le sue potenziali evoluzioni. Per questo, parametri fisici e chimici vengono rilevati con reti di stazioni, immagini satellitari, sorvoli e sopralluoghi.
Nonostante gli sforzi, prevedere con esattezza quando e come avverrà un’eruzione non è possibile, data la specificità di ogni vulcano. È però possibile fare valutazioni probabilistiche basate sulla storia eruttiva, utili per identificare gli scenari attesi e le aree potenzialmente coinvolte (come le zone rossa e gialla di Vesuvio e Campi Flegrei).
Queste valutazioni dipendono dalla disponibilità di serie storiche affidabili e sono applicabili soprattutto ai vulcani attivi in modo costante, come Etna e Stromboli, dove si sperimentano sistemi per l’individuazione precoce di eventi esplosivi intensi.
La valutazione dello stato di un vulcano si fonda su:
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monitoraggio continuo dei parametri;
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rilevamento e comunicazione tempestiva di anomalie;
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confronto con la storia eruttiva, con il supporto della comunità scientifica.
Queste informazioni permettono alla protezione civile, sia locale che nazionale, di formulare valutazioni di rischio e attivare misure di allerta e risposta.
Il monitoraggio è affidato all’INGV, attraverso le sue sedi di Napoli (Vesuvio e Campi Flegrei), Catania (Etna e Stromboli) e Palermo (Vulcano), in collaborazione con università e centri di ricerca.
Il Dipartimento della Protezione Civile si avvale della Commissione Grandi Rischi per elaborare piani di emergenza. Per i principali vulcani attivi sono stati definiti livelli di allerta (verde, giallo, arancione, rosso) che indicano lo stato di equilibrio o disequilibrio del sistema vulcanico.
I livelli di allerta, determinati sulla base di parametri e fenomeni osservati, possono cambiare rapidamente, anche in modo non graduale. Alcuni fenomeni, come le esplosioni parossistiche, restano imprevedibili anche con livello verde, e possono determinare emergenze locali senza variazione di allerta.
La pianificazione di emergenza si basa su scenari eruttivi di riferimento, modellati con simulazioni matematiche, e comprende misure come evacuazioni, gemellaggi tra comuni, assistenza e comunicazione. Per fenomeni meno impattanti, l’organizzazione resta a carico degli enti territoriali, con il supporto del Dipartimento.
Infine, sono previste esercitazioni e attività informative per aumentare la consapevolezza e la preparazione della popolazione. È fondamentale che le pianificazioni di emergenza siano recepite anche a livello urbanistico, per ridurre l’esposizione e la vulnerabilità, ad esempio limitando nuove costruzioni in zone a rischio o prevedendo misure per mitigare l’effetto di ricadute di cenere.